Il comodato d’uso è un contratto con il quale una parte, detta comodante, concede in godimento un bene a un’altra parte, chiamata comodataria. La sua caratteristica risiede nel fatto che questa concessione non prevede un corrispettivo, ovvero il comodatario non è tenuto a corrispondere al comodante una controprestazione. Per questo, infatti, si parla anche di comodato d’uso gratuito. Il contratto può avere come oggetto ogni tipo di beni, siano essi immobili, mobili e mobili registrati. L’unica caratteristica richiesta è che si tratti di beni non consumabili, altrimenti non sarebbe più possibile per il comodatario restituire al proprietario il bene goduto alle stesse condizioni alle quali gli era stato consegnato, fatte le dovute eccezioni per l’ordinaria usura del tempo.
Il contratto può prevedere una scadenza, ovvero essere a termine, oppure no, nel quale caso sarebbe a tempo indeterminato. Un contratto di comodato d’uso a tempo determinato prevede che il bene debba essere restituito al proprietario alla scadenza pattuita, mentre nel caso di un contratto a tempo indeterminato, la riconsegna va effettuata immediatamente alla richiesta del proprietario. Il contratto di comodato d’uso può essere anche solo verbale, così come può essere stipulato per scritto e registrato o meno presso l’Agenzia delle Entrate. La registrazione del contratto è obbligatoria entro 20 giorni dalla stipula in soli due casi, quando il contratto viene richiamato in un atto pubblico e quando il proprietario richiede le agevolazioni fiscali previste per gli immobili concessi in comodato d’uso. In caso di registrazione, le spese consistono in un versamento da 200 euro per l’imposta di registro e in una marca da bollo da 16 euro ogni 4 facciate o 100 righe. Visto che il contratto deve essere presentato in tre copie, di cui una rimane depositata all’ufficio dell’ente e due vanno una per parte, il costo delle marche da bollo deve considerarsi triplicato. Inoltre, il contratto deve riportare data certa, ragione per cui va vidimato presso un qualsiasi ufficio postale, dove un funzionario provvederà ad apporre il timbro a ogni pagina.
Il fatto che il contratto sia gratuito non esclude che possa essere pattuito un pagamento da parte del comodatario o che questi non sia tenuto a rispettare altre condizioni, come l’ordinaria manutenzione del bene concesso in godimento. Ovviamente, non deve trattarsi di un corrispettivo, ma di un rimborso spese. Si pensi, per esempio, al versamento di una somma mensile pari a 50 euro per un immobile di 100 metri quadrati, sito in un’area centrale di un grosso Comune italiano. Risulta essere evidente, che non sarebbe considerabile come un canone di locazione mascherato, dato che il valore di mercato di questi sarebbe molto superiore al prezzo pattuito tra le parti. Proprio questo sarebbe il discrimine, secondo la Corte di Cassazione. In effetti, la somma sopra ipotizzata potrebbe consistere in un semplice rimborso delle spese sostenute dal proprietario per mantenere l’immobile, per esempio, per pagare l’IMU.
Proprio ai fini IMU sono previste agevolazioni fiscali per le unità immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che le utilizzano come abitazione principale, a condizione che il contratto sia registrato e che il comodante possieda un solo immobile in Italia e risieda anagraficamente oltre che dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato. Il beneficio si applica anche nel caso in cui il comodante, oltre all’immobile concesso in comodato, possieda nello stesso comune un altro immobile adibito ad abitazione principale, sempre che non sia rientrante nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.
Dunque, il proprietario di un immobile o di due immobili siti nello stesso comune, di cui almeno uno deve essere necessariamente adibito ad abitazione principale, che abbia residenza o dimora abituale nello stesso comune, ha diritto a una decurtazione del 50% dell’IMU gravante sull’immobile concesso in comodato d’uso. Il legislatore, quindi, incentiva il ricorso a tale tipologia contrattuale, considerata meritoria per i benefici recati al comodatario e in considerazione anche del fatto che l’immobile oggetto del comodato non costituisca di fatto fonte di reddito per il proprietario.
Riassumendo, per beneficiare della riduzione di Imu e Tasi al 50% dell’importo dovuto sarà necessario, oltre alla registrazione del contratto, rispettare ulteriori requisiti:
-L’immobile deve essere utilizzato dal comodatario come abitazione principale
-L’immobile concesso in comodato d’uso gratuito non deve rientrare tra le categorie catastali di lusso (A/1, A/8 e A/9)
-Il comodante deve possedere un solo immobile in Italia oltre alla casa principale
-Il comodante deve avere residenza e dimora abituale nello stesso Comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato d’uso
-Il comodante deve presentare la dichiarazione Imu per attestare il possesso dei requisiti sopra indicati.
Per gli immobili storici che già beneficiano del 50% di decurtazione dell’IMU, l’agevolazione di applica ugualmente per il caso di comodato d’uso gratuito, per cui il proprietario si ritroverebbe a pagare il 25% dell’aliquota piena.
Lo sconto applicabile all’Imu si applica anche ai fini Tasi. Questo significa che il proprietario della casa verserà l’importo con riduzione del 50 per cento in base alla quota di ripartizione stabilita dal Comune. Il comodatario al contrario non dovrà versare la sua quota di Tasi in quanto l’immobile oggetto di comodato d’uso è per lui abitazione principale e, pertanto, esente dal versamento di acconto e saldo d’imposta.