In questa guida spieghiamo come fare la risoluzione del contratto di comodato.
Il contratto di comodato d’uso è disciplinato dagli art.1803 e seguenti del Codice Civile e ha come oggetto la concessione di un bene in godimento da parte di un soggetto, chiamato comodante, a un beneficiario, detto comodatario, senza corrispettivo. Ovvero, si tratta di un contratto reale, che si perfeziona con la consegna della cosa, e a titolo gratuito, per quanto su questo ultimo punto si intenda una fattispecie più ampia di quella per la quale non possa essere pattuito un prezzo. Per esempio, la Cassazione ha riconosciuto la possibilità per il comodante di pretendere un pagamento periodico dal comodatario a titolo di rimborso spese. In pratica, quando non è semplice distinguere questo caso da quello di un contratto di locazione, il punto di riferimento diventa la valutazione del mercato. In altre parole, se quello che paga il comodatario è vistosamente inferiore al canone di locazione, quale sarebbe ai prezzi di mercato, è chiaro che si tratta di un’altra fattispecie.
Il contratto di comodato non è soggetto a obblighi di registrazione e può riguardare qualsiasi tipo di beni, siano essi mobili, immobili e mobili registrati. L’unica categoria per la quale è implicita l’impossibilità di stipulare un contratto di comodato d’uso è quella dei beni consumabili. Non potendo più il bene essere restituito dal comodante alle medesime condizioni alle quali è stato consegnato, fatta eccezione per l’ordinaria usura del tempo, non avrebbe senso anche solo ipotizzare un simile negozio.
Detto ciò, le parti possono anche provvedere alla registrazione del contratto, cosa consigliata, in particolare, quando esso ha come oggetto un bene immobile, per evitare che il Fisco possa dubitare che si tratti di un contratto di locazione in nero. Se così, è necessario che sia versata un’imposta di registro all’Agenzia delle Entrate di 200 euro e che venga annullata una marca da bollo da 16 euro per ogni quattro facciate di contratto. Questo costo va moltiplicato per tre, tendendo conto che tante devono essere le copie da depositare, di cui una da lasciare in Agenzia.
Vediamo a quali obblighi sono sottoposti le parti. Iniziamo con il dire che i contratti di comodato d’uso possono prevedere un termine o non averne uno. Nel primo caso, il comodatario è tenuto alla restituzione del bene alla scadenza pattuita. Può anche accadere, però, che questi voglia procedere alla risoluzione del contratto prima che maturi tale termine. Risulta essere una sua facoltà e non è previsto il versamento dell’imposta di registro, in quanto si tratta di contratto senza corrispettivo.
Il comodante è tenuto a rispettare la scadenza pattuita fino al termine stabilito, mentre se questo non è stato apposto potrà pretendere dal comodatario la restituzione del bene immediatamente dopo averglielo comunicato. Dunque, il diritto di risolvere il contratto prima della scadenza vige in favore solo del comodatario.
La risoluzione del contratto può essere chiesta dal comodante, anche se limitatamente ai casi di inadempienza contrattuale del comodatario. Si consideri, infatti, che questi è tenuto al mantenimento del bene, per cui non può danneggiarlo o lasciarlo in uno stato di incuria. Se il comodante verifica che tali condizioni non siano state rispettate, può pretendere l’immediata restituzione del bene anche prima della scadenza pattuita, fermo restando anche la richiesta del risarcimento dei possibili danni arrecati al bene medesimo dal comodatario. Questa previsione è particolarmente valida nei casi di comodato d’uso in cambio del pagamento periodico di un rimborso spese o della gestione del bene da parte del comodatario. Se questo non provvedesse a pagare le spese, come da contratto, o si sottraesse all’obbligo di manutenzione del bene, verrebbe meno ai propri impegni e il comodante avrebbe il diritto di procedere alla risoluzione del contratto.